Pianta robot per analizzare il terreno.

Da un progetto congiunto fra Italia, Spagna e Svizzera nasce la pianta robot con tronco stampato in 3D e radici che crescono da sole. Servirà per analizzare il terreno.

Si chiama Plantoid la prima pianta robot con radici che crescono da sole nel terreno e si potrà usare per molteplici usi sia terreni (bonifica di terreni agricoli e ricerca del petrolio) sia extraterrestri (l’esplorazione del suolo marziano). A realizzarla sono stati i ricercatori del Centro di Micro-Biorobotica dell’IIT a Pontedera guidati da Barbara Mazzolai (Coordinatrice del progetto), in collaborazione con l’Università di Firenze, il Politecnico di Losanna (EPFL) e l’Istituto di Bioingegneria della Catalogna (IBEC). Plantoid 2 JPG L’ultimo prototipo – che sarà pronto a fine mese – ha un tronco stampato in 3D più grande di quelli precedenti, foglie in materiale polimerico che si schiudono e riaprono in funzione dell’umidità presente nell’aria, e radici che si allungheranno in base alle analisi del terreno. Per imitare una pianta fino a questo livello è stato necessario combinare tecnologie hardware e software, grazie a un finanziamento triennale di 1,6 milioni di euro della Commissione europea nell’ambito del programma Future and Emerging Technologies Open (FET-Open). Il risultato è un prodotto, Plantoid, che potrà insegnarci molto perché sarà capaci di restituirci analisi del suolo che finora bisognava fare manualmente. Il successo maggiore sta nella fabbricazione delle radici, che sono passate da 2 a 5 nell’ultimo prototipo, e che sono in grado di crescere come quelle vere, ossia sfruttando gli stimoli esterni e allungandosi “non vicino al tronco dove apparentemente sembrerebbero avere più forza per via delle maggiori dimensioni […] ma laddove sono più deboli, ossia vicino alla punta” ha spiegato la dottoressa Mazzolai, aggiungendo che il motivo è semplice: se dovessero crescere dalla parte del tronco non ce la farebbero per via dell’attrito con il terreno, mentre crescendo sulla punta “devono esercitare una pressione su una superficie molto ridotta”. Com’è possibile questo risultato? Impiegando un filamento di materiale termoplastico avvolto in un rocchetto alla base del tronco: quando scatta l’ora X, il filo viene tirato da un motorino verso la punta della radice, dove viene scaldato e deposto per formare un nuovo strato di materiale. Il prossimo passo dello sviluppo consiste nella creazione di un software che cercherà di simulare la crescita distribuita delle radici, che in natura avviene in maniera coordinata e in funzione delle condizioni che incontrano. Mazzolai aggiunge che “ogni radice sarà dotata di sensori chimici e fisici, per analizzare il terreno, e sarà capace di muoversi in maniera sinuosa crescendo di 2 millimetri al secondo in risposta agli stimoli esterni”.     Leggi l’articolo originale