Allergia al Nichel, 18 milioni di persone ne soffrono.

Le donne sono le più indifese quando si parla di allergie cutanee e il Nichel è il primo artefice, seguito subito dopo da altri metalli, essenze profumate (10-12%), cosmetici (5-8%) e coloranti.

«Secondo le ultime stime, infatti, in Europa il 20% circa della popolazione è allergica al Nichel, mentre in Italia si arriva al 32,1%, con un rapporto tra donne e uomini di 3 a 1. Nei bambini la prevalenza è di circa 16%. Sebbene la sensibilizzazione sia più comune tra gli adolescenti, anche i neonati e bambini possono sensibilizzarsi».

La SNAS ovvero la sindrome dell’allergia sistemica al nichel coinvolge solo l’Italia 18 milioni di persone con maggior prevalenza nel sesso femminile questa allergia è caratterizzata da una risposta allergica al nichel che può avvenire da contatto con l’assunzione di cibi. Il nichel è un metallo argenteo ed appartiene al gruppo del ferro, ma la particolarità di essere duro ma nello stesso tempo malleabile ed utile, per questo motivo viene utilizzato in moltissime leghe, con le quali si realizzano monete, bigiotteria ed oggetti metallici in genere. Il nichel è inoltre si trova in tutti i cibi, soprattutto di origine vegetale e nell’acqua.

Che cos’è il nickel e dove si trova

Il nickel è un metallo pesante duro, bianco-argenteo, altamente resistente all’aria e acqua. E’ un elemento onnipresente che si trova nel suolo, nell’acqua, nell’aria e nella biosfera. Si trova nelle rocce ignee sia come metallo libero sia legato al ferro. Forma numerose leghe con altri metalli e, in particolare, per le sue proprietà siderofile, partecipa, insieme con il ferro, alla formazione dell’acciaio al nickel, estremamente duro e resistente alla corrosione .

La maggior parte del nichel prodotto nel mondo viene utilizzata per la produzione di acciaio inossidabile, usato prevalentemente per la produzione di attrezzature per il trattamento degli alimenti e per contenitori. Inoltre, viene utilizzato per la fabbricazione di monili, articoli di bigiotteria e gioielleria, orecchini, piercing, accessori di moda metallici in genere, ciondoli, chiavi, occhiali, attrezzi metallici, stoviglie, monete metalliche, tinture per ceramiche, porcellane, vetro, terracotta, coloranti per alimenti, parti di macchine. E’ usato altresì per detersivi e saponi e per cosmetici come il mascara e l’ombretto.

Il nickel è presente anche negli organismi viventi perché sia i vegetali che gli animali assumono il loro nutrimento dal suolo e dall’acqua.
Il contenuto di nickel nel suolo e nell’acqua è molto variabile nelle varie regioni del mondo; per il suolo oscilla fra 5 e 500pg/gr. con punte locali anche superiori e per l’acqua le oscillazioni sono fra 5 e 100 pg/litro .

Il contenuto varia inoltre da luogo a luogo in funzione del tipo di terreno, dell’impiego di fertilizzanti sintetici e pesticidi, della contaminazione del suolo con rifiuti industriali e urbani, della distanza dalle fonderie di nichel. Ne consegue che variabile sia anche il contenuto di nickel nei tessuti vegetali (0.5-5 pg/gr. ma può essere più elevata a livello locale) ed animali (0.1-5pg/gr.) anche se mediamente il contenuto in nickel dei tessuti vegetali è quattro volte superiore rispetto a quanto presente nei prodotti animali (carne, latte e derivati, uova). Ulteriore variabilità è legata alle stagioni che possono influenzare la concentrazione di nickel nei vegetali: è stato osservato un aumento della concentrazione di nichel in primavera e autunno e un dimezzamento durante l’estate.
Vegetali e prodotti di derivazione animale costituiscono gli alimenti dell’uomo e i vegetali sono la maggior fonte di nickel alimentare per l’uomo. Il contenuto di nickel nella normale dieta, pertanto, fortemente influenzato dalla concentrazione di nichel nel terreno e dal rapporto nella dieta fra vegetali ed alimenti animali nonché dalle locali abitudini alimentari, è fortemente variabile.
Nickel è contenuto anche nel tabacco.

Nickel e alimenti

Gli alimenti rappresentano per l’uomo la principale fonte di nickel e il nickel è presente nella maggior parte dei costituenti di una normale dieta dell’uomo. Come detto, i prodotti vegetali hanno un contenuto di nickel decisamente superiore rispetto ai prodotti alimentari di derivazione animale e tra gli alimenti di derivazione animale (carni, latticini e uova) l’uovo è quello a più alto contenuto.

Anche se il nickel è ampiamente e diffusamente distribuito negli alimenti esistono alcune categorie alimentari che usualmente ne sono più ricche. Tuttavia quando si valutino diverse fonti della letteratura per definire i gruppi di alimenti ad alto contenuto di nickel ci si trova di fronte all’assenza di univocità e a differenze talora non modeste. Gli elenchi degli alimenti ad alto contenuto di nickel, ovviamente importanti ai fini di eventuali dietoterapie, non sono sovrapponibili ma variamente estesi e variabili nei contenuti. Così si passa da elenchi ridotti con pochi alimenti considerati ad alto contenuto nelle prime pubblicazioni degli anni ’80 e ’90 ad elenchi di alimenti decisamente più ampi negli anni recenti ed in particolari nelle fonti italiane (Schiavino, Picarelli).

Il motivo di queste differenze sta sostanzialmente nel fatto che non è definita una concentrazione soglia in mg/Kg rispetto al quale un alimento possa essere definito “ad alto contenuto” ma soglie diverse sono utilizzate da istituzioni o autori diversi. Così si passa, ad esempio da una soglia di > 0,5 mg/Kg della Swedish Food Administration a quella di 0,03 mg/Kg dello studio di Schiavino et al. del 2006. Con una soglia così bassa sono molti gli alimenti considerati ad alto contenuto, anche, ad esempio, l’uva passa, le carote, le albicocche, i fichi, i funghi, le pere e i pomodori, che hanno un contenuto non superiore a 0,1 mg/Kg e non sono presenti, come molti altri alimenti, negli elenchi più restrittivi. D’altra parte, che nel settore sia presente una situazione di forte empirismo e quindi di intensa variabilità, è confermato dalla constatazione che medesimi autori utilizzano soglie fortemente diverse ed elenchi decisamente più o meno ampi in diverse pubblicazioni. La soglia di definizione di alimento ad alto contenuto è così nella review di Falagiani, Schiavino e al. del 2008 quella di >1,0 mg/Kg ed alimenti ad alto contenuto sarebbero soltanto arachidi, avena, cacao e cioccolato, pomodoro concentrato, lenticchie, mandorle, noci e nocciole.
Si tratta di precisazioni non banali e con riflessi non solo sulla prescrizione dietoterapeutica ma anche sulla valutazione dell’attendibilità e dell’efficacia della dieta di eliminazione diagnostica nel sospetto di allergia alimentare al nickel.

Con ogni probabilità la mancata definizione di una soglia riflette le persistenti incertezze sulle dosi soglia di nickel alimentare ritenute in grado di evocare sintomi sistemici in soggetti sensibilizzati. Anche per quanto riguarda il contenuto di nickel nei singoli alimenti i dati appaiono sovente diversi secondo le fonti e le differenze appaiono a volte rilevanti. Questo fatto, tuttavia, non è sorprendente poiché il contenuto di nickel degli alimenti è variabile in funzione del contenuto di nickel nel suolo e nelle acque, e quindi varia di regione in regione, e in funzione del momento stagionale e degli eventi climatici. Si deve però tenere presente che il contenuto di nickel nel medesimo alimento può, a volte, variare anche di dieci volte.

In ogni caso per alcuni alimenti c’è accordo praticamente unanime a considerarli senza dubbio ad alto contenuto a prescindere dal contenuto di nickel nel suolo in cui sono coltivati: sono arachidi, fagioli, lenticchie, piselli e soia, che sono tutti legumi, e inoltre avena, cacao (e cioccolato), noci e nocciole, frumento intero.
Fatte queste premesse non sorprende che l’assunzione quotidiana di nickel sia altamente variabile fra le diverse popolazioni ma anche nello stesso individuo nelle varie stagioni ed anche nelle diverse giornate. I fattori di questa variabilità sono:
■ la variabilità, già menzionata, del contenuto di nickel nei singoli alimenti,
■ la variabilità delle abitudini alimentari e dei menù quotidiani,
■ il diverso contributo del nickel contenuto nell’acqua,
■ il diverso contributo degli utensili da cucina,
■ l’assunzione contemporanea di altre sostanze,
■ il fumo di sigaretta visto che nelle sigarette il nickel è presente in misura di 1-3 pg. per sigaretta.
Le abitudini alimentari nazionali, con il diverso consumo di vegetali e derivati animali, nonché di cioccolato, tè e caffè sono ovviamente importanti e si riflettono sul diverso intake medio di nickel nelle varie popolazioni nazionali.
Ovviamente nelle diverse giornate, almeno nelle popolazioni occidentali, il menù è variabile per cui diverso sarà l’intake del nickel anche giorno dopo giorno.
E’ diverso e variabile anche il contributo dell’acqua e delle altre bevande alla quantità di nickel assunto con l’alimentazione e, come più ampiamente esplicitato in seguito, è diverso se l’acqua è contaminata o meno, se assunta a digiuno o meno, se si tratta della prima acqua che fuoriesce dai rubinetti al mattino o meno, se il rubinetto è di un tipo piuttosto che di un altro, se l’acqua è calda piuttosto che fredda.

Ulteriore elemento che potrebbe rendere oscillante e non costante l’assunzione quotidiana di nickel nel corso di un pur usuale regime alimentare potrebbe essere l’uso di pentole ed utensili in acciaio inossidabile, o almeno la cottura in questi tegami di alimenti acidi o l’uso di pentole nuove al primo uso. Si tratta, tuttavia, come si vedrà più estesamente in seguito, di argomenti oggetto tuttora di forti controversie e per alcune fonti il contributo di pentole, padelle, tegami ed utensili da cucina all’intake quotidiano di nickel sarebbe del tutto trascurabile.
Il nickel, inoltre, potrebbe contaminare inavvertitamente gli alimenti nel corso dei procedimenti di preparazione per l’uso di apparecchiature che lo contengano e potrebbe contaminare i cibi inscatolati per processi di erosione a carico dei contenitori metallici stessi.
Quello che emerge da tutte le considerazioni precedenti è l’estrema difficoltà, se non l’impossibilità, di determinare con apprezzabile precisione l’assunzione quotidiana di nickel alimentare attraverso cibo e bevande e, in ogni caso, la notevole variabilità dell’intake quotidiano di nickel.
Semplificando, a livello mondiale mediamente nell’uomo l’assunzione quotidiana di nickel si aggira fra 0,2 mg e 0,6 mg e in queste conclusioni i vari studi appaiono concordi. Queste quantità sono raggiunte nell’usuale alimentazione principalmente attraverso l’assunzione di alimenti vegetali.

L’allergia al nickel
Il nickel è la principale causa di DAC (dermatite allergica da contatto) e la principale causa di allergia ai metalli. Esso è responsabile di un numero di casi di DAC maggiore rispetto a quelli causati da tutti gli altri metalli considerati globalmente.
La prevalenza appare variabile in funzione degli studi e delle popolazioni selezionate ma sicuramente c’è stata e c’è una marcata tendenza all’incremento negli ultimi anni soprattutto, ma non solo, per l’aumento delle pratiche di ear piercing.

Negli studi più datati la prevalenza della sensibilizzazione al nickel nella popolazione generale oscillava fra il 4% e il 13%. Studi epidemiologici più recenti riportano una prevalenza media generale di circa il 15-20% .
Secondo dati pubblicati dal sistema europeo di vigilanza sulle allergie da contatto (ESSCA) nel 2004, in base a quanto emerso da una valutazione statistica policentrica, è confermato che la prevalenza della patch positività nella popolazione generale, in Europa, è di circa il 20%; in particolare l’Italia sarebbe il primo Paese in Europa per prevalenza di allergici al nickel (32,1%) mentre la Danimarca sarebbe ultima con una prevalenza del 9,7% .
Le donne sono più intensamente interessate degli uomini soprattutto per già citata pratica dell’ear piercing (forare i lobi delle orecchie con aghi) e per il fatto di indossare articoli di bigiotteria con conseguente stretto contatto della cute con il metallo. La prevalenza dell’allergia al nichel nel sesso femminile è quindi decisamente elevata, dal 15-20% di alcuni studi al 25% di altri. In due popolazioni norvegesi non selezionate la prevalenza di allergia al nickel fra donne è risultata essere rispettivamente del 27,5% e del 31,1%.

Nell’uomo maggiormente responsabili di sensibilizzazione sono i motivi professionali. La prevalenza della sensibilizzazione nella popolazione non selezionata di sesso maschile varia, nelle statistiche, fra il 2 e l’8%. Il rapporto F/M è elevato e varia, in funzione degli studi fra 3:1 e 14:1. Particolarmente colpite sono alcune professioni: per i parrucchieri la prevalenza può giungere fino al 27-38%.

Nell’età pediatrica la prevalenza si aggirerebbe intorno al 15-16%. Sebbene la sensibilizzazione sia più frequente fra i teenagers anche piccoli lattanti di pochi mesi possono essere sensibilizzati al nickel così come ad altri allergeni da contatto [21]. Le cause di sensibilizzazione nei lattanti e nei bambini possono essere molteplici: orecchini e bigiotteria indossati dalla madre, sbarre dei letti, bottoni di metallo e bottoni automatici degli indumenti intimi, braccialetti di identificazione, spille di sicurezza, chiusure lampo, jeans e fibbie delle cinture, accessori di metallo, scarpe, monete, giocattoli di metallo, magneti, medaglioni, chiavi, maniglie delle porte.

Per quanto l’allergia al nickel si possa sviluppare a qualsiasi età essa è tuttavia prevalente nella terza decade di vita ed una volta sviluppatasi tende a persistere per molti anni, spesso per sempre.
Le forme cliniche
All’allergia al nickel sono attribuite varie modalità di presentazione, cutanee, localizzate o sistemiche, ed extracutanee.
Schematicamente si possono distinguere
• la dermatite allergica da contatto (DAC),
• la sindrome da allergia sistemica al nichel (SNAS) con manifestazioni
o cutanee (cosiddetta dermatite da contatto sistemica o DSC) o extracutanee (gastrointestinali, respiratorie, neurologiche etc.).
Dermatite da contatto
La forma clinica classica determinata dall’allergia al nickel è la dermatite allergica da contatto (DAC). Il nickel è responsabile del 35% delle DAC, occupazionali e non occupazionali. La dermatite causata dal contatto con il nickel è usualmente facile da riconoscere; appare come un eczema zonale confinato alle sedi cutanee a stretto contatto con oggetti rilascianti nickel come i lobi delle orecchie (orecchini), i polsi (orologi), il collo (catenine), la regione ombelicale (bottoni dei jeans).

Il volto ed il cuoio capelluto possono essere interessati per il contatto con cellulari, i piercing ed i fermagli per capelli.
L’eczema da nickel era tipicamente localizzato negli anni ’30 alle superfici mediali della parte superiore delle cosce ed era legato all’uso delle giarrettiere; successivamente negli anni ’70 la forma prevalente fu quella interessante la superficie anteriore dell’addome, collegata ai bottoni dei jeans ed alle fibbie delle cinture.
Alcuni soggetti sviluppano dermatite anche dopo un breve contatto con oggetti contenenti nichel, mentre per altri sono necessari anni di contatto per sviluppare sensibilizzazione e allergia.
Queste ricorrenti eruzioni eczematose nelle sedi di contatto diretto con il nichel sono anche denominate eruzioni primarie.
La SNAS (Sindrome dell’allergia sistemica al nickel)
Negli anni ’70 alcuni autori  notarono che un considerevole numero di pazienti sensibilizzati al nickel presentava dermatite in sedi diverse da quelle che erano state in contatto con oggetti placcati con questo metallo.

Le sedi più comuni di queste eruzioni, cosiddette eruzioni secondarie, eczematose o meno, erano le pieghe dei gomiti, il collo e l’interno delle cosce, il palmo delle mani, che poteva essere interessato da una dermatite vescicolare ricorrente, i margini laterali delle dita e le piante dei piedi; descritti frequentemente anche l’eczema delle palpebre, l’eczema della regione ano-genitale e l’eczema cheratosico dei gomiti. Per la simmetria delle lesioni fu sospettata la responsabilità dell’assunzione sistemica del nickel, possibile attraverso gli alimenti, la via sottocutanea, intramuscolare o intravenosa, la via respiratoria o la via transcutanea.
Negli anni successivi la possibilità di un’allergia sistemica al nickel (SNAS) fu oggetto di attenzione e studi e al momento attuale si ritiene che essa si possa presentare clinicamente con
1. sintomi cutanei (DSC: dermatite da contatto sistemica)
■ coinvolgimento di aree precedentemente esposte al metallo con flare-up, cioè riaccensione, delle lesioni eczematose e di pregressi patch test,
■ coinvolgimento di aree precedentemente non esposte sotto forma di
– pompholyx,
– baboon sindrome,
– esantema maculo papulare,
– eczema flessurale,
– orticaria,
– prurito,
– lesioni vasculite-like.
2. sintomi extracutanei
■ a carico dell’apparato gastrointestinale (dolori addominali, diarrea, vomito, meteorismo, pirosi, nausea, stipsi etc.)
■ a carico dell’apparato respiratorio (rinite ed asma),
■ neurologici (cefalea),
■ generali (febbre, fibromialgie, artralgie, sindrome tensione-stanchezza etc.).
La dermatite sistemica da nickel (DSC) è di prevalenza non univoca nei vari studi. Secondo Sharma e Raison-Peyron è raramente osservata, secondo altri autori è decisamente più frequente ed alcuni dati italiani  deporrebbero per un coinvolgimento di quasi la metà dei soggetti allergici al nickel.

 L’interessamento delle mani di tipo eczematoso è la manifestazione più comune della DSC da nickel. L’eczema delle mani è spesso una manifestazione tardiva dopo una prima sensibilizzazione ed è determinato dal contatto cronico con detersivi contenenti nickel, manufatti placcati con nickel, monete. Tale eczema potrebbe presentare un flare up associato all’assunzione di nickel per via alimentare.
Il pompholix è un eczema vescicolare ricorrente del palmo delle mani. Sarebbe associato con l’allergia al nichel e con l’assunzione di esso per via orale per quanto l’associazione sia ancora controversa.
La sindrome del babbuino (Baboon syndrome) viene considerata il pattern della DSC . E’ un rash cutaneo generalizzato con particolare impegno delle regioni glutee, delle superfici supero-interne delle cosce, delle regioni ano-genitali, delle superfici flessorie (ad esempio le regioni ascellari) e delle palpebre. L’interessamento peculiare della regione ano-genitale e delle natiche e il colore, dal viola scuro al rosa, conferiscono un aspetto simile (red bottom) a quello tipico dei babbuini. Per tale sindrome è stato proposto, in alternativa, l’acronimo SDRIFE (Symmetrical drug related intertriginous and flexural exanthema). E’ una forma morbosa benigna e rara, ne sono stati descritti nel mondo poco più di 100 casi, non specifica dell’allergia al nichel. La causa più frequente di essa è, infatti, il mercurio e, di seguito, farmaci come i beta-lattamici. L’esantema maculopapulare con coinvolgimento delle regioni flessorie si presenta come una eruzione simmetrica del collo, volto, palpebre, pieghe dei gomiti ed avambracci, mani, interno delle cosce, regione ano genitale. Può essere generalizzato.
Raramente il nickel può causare dermatiti non eczematose come l’orticaria da contatto, lesioni di tipo vasculitico, eritema multiforme. Per questi quadri morbosi sono riportati in letteratura casi sporadici.
In letteratura sono riportati anche casi sporadici di orticaria cronica attribuibile all’assunzione di nickel attraverso gli alimenti e mediati da un meccanismo sia di tipo I che di tipo IV. In realtà in alcuni studi italiani la prevalenza dell’orticaria cronica da allergia sistemica al nickel sarebbe decisamente notevole; essa rappresenterebbe circa il 41% delle orticarie croniche e sarebbe di gran lunga la principale manifestazione cutanea di allergia sistemica al nichel. Secondo i dati di Schiavino il 38% dei soggetti allergici al nichel presenterebbe, oltre naturalmente alla DAC da nichel, come manifestazione clinica sistemica una sindrome orticaria-angioedema.
Al nickel, come premesso, sono attribuiti anche manifestazioni cliniche non confinate alla cute in particolare sintomi gastrointestinali come vomito, diarrea, dolori addominali, gonfiori e tensione addominale, stipsi, pirosi e respiratori, in particolare sono riportati casi di rinite a asma da esposizione professionale. All’esposizione industriale è attribuita la possibilità dell’insorgenza di tumori nasali e polmonari.
Altri disturbi correlati al nickel, diversi dai precedenti, sono segnalati talora in letteratura.